I processi incrementali d’invecchiamento della popolazione, le modifiche alla struttura sociale, la progressiva riduzione delle risorse pubbliche spendibili sono le tre cause che hanno reso strategica la ridefinizione degli approcci alla presa in carico e alla cura delle persone anziane sole, vulnerabili, fragili e non autosufficienti. Molti studi hanno evidenziato che l’assenza di specifiche azioni per ripensare e riorganizzare gli approcci e la stessa struttura del sistema di offerta possono determinare per un verso la perdita del “tratto universalistico“ del sistema di welfare e, per altro verso, l’ulteriore abbassamento dei livelli di coesione sociale.
Secondo noi, le “stelle“ su cui “ricalcolare le rotte“ sono:
• la domiciliarietà, cioè l’organizzazione dei servizi in ambito familiare e domiciliare; • l‘innovazione dei prodotti e dell’approccio ai processi, cioè l’adeguamento dei modi di produzione e l’implementazione di nuovi modelli di servizio in funzione del rispondere meglio ai bisogni; • l’integrazione di servizi, attività e programmi in funzione del migliorare complessivamente la capacità del sistema di prendersi carico e il grado di ottimizzazione nell’uso delle risorse; • l’appropriatezza delle risposte rispetto ai bisogni delle singole persone; • la ricerca della sostenibilità; • la promozione della partecipazione delle comunità locali allo sviluppo del sistema delle opportunità; • la strenua difesa della natura pubblica del sistema di welfare e l’altrettanto netto rifiuto di approcci mercatistici.
Il fulcro del ragionamento che abbiamo elaborato è la domiciliarietà. Il potente rafforzamento quantitativo e qualitativo di tale risorsa in effetti permette: • di mantenere le persone nel proprio contesto di vita, sostenendole nel processo di conservazione delle autonomie residue ed evitando la necessità di ricorrere alla istituzionalizzazione; • di sostenere i familiari e chi, usualmente, si prende cura degli anziani; • di dare corpo a formule di servizio sostenibili per le famiglie e il sistema pubblico; • di adeguare l’offerta alle diverse esigenze delle persone prese in carico e alle diverse caratteristiche degli ambiti comunitari in cui si va ad operare. Ciò permette di cogliere concretamente le differenze che ricorrono tra operare in ambito metropolitano e nei grandi centri o invece di operare nelle aree montane, rurali, periferiche e ultra-periferiche; • Lo sviluppo dei servizi domiciliari genera un altro vantaggio riconducibile alla possibilità di regolarizzare e qualificare il lavoro irregolare nel campo dell’assistenza familiare e così alla possibilità di creare nuova occupazione qualificata. I processi d’innovazione di prodotti e approcci dovrebbero – rispetto ai bisogni che esistono – riguardare anche: l’offerta di servizi diurni; di servizi residenziali a carattere temporaneo utili a gestire fasi post acute; il bisogno di sollievo dei caregivers; il bisogno di servizi residenziali di lungo-assistenza diversi dalla tipologia normata della RSA. La diffusione di tali risorse permetterebbe da un lato di ispessire la capacità dei servizi domiciliari di rispondere ai bisogni delle persone e delle famiglie e, dall’altro, di delineare formule di organizzazione dei servizi adeguate rispetto ai bisogni presenti nelle aree interne, nei comuni rurali e montani e nei piccoli centri. In questi ambiti, infatti, il modello classico di RSA, per motivi dimensionali, non è applicabile.